I preti alla scuola della “Dei Verbum”
di Don Domenico Pace
Due giorni di preghiera e di riflessione dei sacerdoti, a San Giovanni Rotondo, in piena quaresima, sul documento conciliare “Dei Verbum” e la sua traduzione nella pastorale delle nostre comunità. È stata un’altra tappa dell’itinerario di preparazione verso il Giubileo 2025, seguendo l’indicazione di Papa Francesco, di una rinnovata riflessione sulle Costituzioni del Concilio Vaticano. Qui è stata fatta sotto la guida di don Giuseppe De Virgilio, biblista della Pontificia Università della Santa Croce in Roma.
A 60 anni dalla sua promulgazione, avvenuta il 18.11.1965, si è avuto modo di riflettere sulla Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione muovendosi con uno stile testimoniale e aperto al dialogo, intendendo rafforzare la consapevolezza che all’origine dell’opera della salvezza c’è il primato di Dio e della sua Parola, e cioè il fatto singolare di un Dio che ha dialogato con l’umanità e l’ha resa partecipe dei segreti della sua vita intima.
La domanda di fondo ha riguardato l’attualità della «Dei Verbum», ovvero su cosa significhi oggi ripensare la situazione degli studi biblici e della Parola di Dio nelle nostre Comunità. Anzitutto, si è potuto riflettere sul fatto che la Bibbia è una Sacra scrittura.
Detta «sacra» o «santa» in quanto ispirata dallo Spirito Santo (cfr. 2Tm 3,16), è offerta a noi come consegna memoriale dei 72 testi canonici dell’Antico e Nuovo Testamento che rappresentano insieme il mistero del dirsi di Dio nella storia attraverso il racconto dell’incontro con il Suo popolo come narrazione delle meraviglie operate da Dio.
Poiché, però, la Bibbia è costituita dalla raccolta di testi antichi, redatti in ambienti storici e culturali molto diversi dai nostri, essa richiede di essere letta, compresa e tradotta in base a norme e principi interpretativi che garantiscono l’integrità e la fedeltà del testo originale.
A queste esigenze risponde l’«ermeneutica», che si propone di interpretare i testi biblici mediante un attento studio del complesso fenomeno interpretativo e delle sue dinamiche storiche e teologiche.
È stato oggetto di approfondimento anche il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento così come «Dei Verbum» ai nn. 14-20 propone.
Partendo dal contributo di autori impegnati sul tema come P. Beauchamp, B. S. Childs e P. Sthulmacher, è emersa la necessità per la teologia biblica di svolgere un ruolo di mediazione sia all’interno dell’elaborazione del messaggio unitario della Bibbia (che presenta diverse «teologie»), sia in relazione all’azione pastorale e catechetica, che evidenzia molteplici esigenze nella comunicazione della fede.
La Bibbia si presenta con il suo proprio contesto e linguaggio; si propone come messaggio di salvezza per l’uomo. La catechesi rielabora questo messaggio, formulando un discorso composto da segni riconoscibili e decodificabili da parte del destinatario.
Il destinatario accoglie, fa proprio e decodifica il messaggio, traducendolo come risposta (Feedback) esistenziale per la sua vita e il suo impegno comunitario. L’intero procedimento avviene nel contesto ecclesiale, che rappresenta l’alveo vitale in cui si rende efficace l’incontro tra Bibbia e vita dei credenti, sostenuto e accompagnato dall’azione catechistica.
Con queste questioni, «Dei Verbum» ne pone altre per affrontare la problematica conclusiva della Sacra Scrittura nella vita della Chiesa.
Il rimando all’esortazione apostolica post-sinodale «Verbum Domini» di Benedetto XVI fornisce un ulteriore strumento per una verifica del cammino pastorale che la Chiesa ha svolto nel post-concilio affinché si compia il necessario «passaggio» dal testo alla vita, ovvero perché emerga davvero il primato della Parola di Dio nella vita ecclesiale con una animazione biblica delle abituali attività delle Comunità cristiane che, in questo modo, avranno «realmente a cuore l’incontro personale con Cristo che si comunica a noi della sua Parola» (Verbum Domini, n. 73).