SPUNTI DI PASTORALE
L’entusiasmo e forse anche un po’ di confusione legata alla circostanza possono aver distolto l’attenzione dall’omelia che Padre Davide ha pronunciato durante la sua prima messa da Arcivescovo, a Potenza. A rileggerla ( cfr. sito) emergono in filigrana alcuni spunti pastorali per il futuro ,frutto di una attenta lettura del territorio . Il tutto in una sorta di pubblico dialogo con Dio, testimone il popolo cui è stato inviato come pastore. “Il vescovo (…)è colui – ha scandito dall’altare della chiesa di don Bosco — che è inviato ed invia,(…) che potrà insegnare l’unico linguaggio dell’amore se lo avrà direttamente appreso alla sorgente di colui che lo ha riversato nei nostri cuori”. È, qui, la rappresentazione del vescovo come semplice strumento della Parola, da incarnare tra “gli uomini e le donne del nostro tempo, generando unità nella dispersione”. I modi e i luoghi specifici di missione Padre Davide li ha indicati fin d’ora, con una serie di affermazioni ,precedute tutte da un “se”, che sa poco di ipotesi e molto di impegno già preso : “se il vescovo si chinerà sulle sofferenze degli ultimi e dei poveri la chiesa non farà filantropia(…) se il vescovo interpellerà i cuori a prendersi cura del bene comune, se invocherà una giustizia equa e servizi sanitari di prossimità, se chiederà rispetto per una comunicazione vera, la Chiesa non farà politica ma amerà e servirà con intelligenza e fede la polis”. Insomma, nessuna invasione di campo all’orizzonte, ma nemmeno il rintanarsi dei credenti nelle sagrestie, seguendo una sospetta neutralità, quanto piuttosto la riproposizione della dimensione sociale della fede, applicando qui da noi il vocabolario pastorale di papa Francesco. “ Il vescovo, con Gesù – ha detto ancora il neo arcivescovo nella sua prima omelia- si prende cura della sete che è nel cuore umano: sete di affetto nelle solitudini delle nostre famiglie, sete di parola dentro i silenzi dei nostri anziani e sofferenti, sete di futuro nello sguardo dei nostri bambini e giovani, sete di creatività per quanti vivono la precarietà del lavoro”. Sono le periferie esistenziali del nostro tempo forse ancora più vistose nel nostro profondo sud.